domenica 23 aprile 2017

Vita

Non sapevo davvero cosa scrivere o se davvero avessi voglia di scrivere però sono qui, ancora infortunato, un po' sottosopra per aver festeggiato troppo con gli amici ieri sera.
Poi non so, sento come un mezzo vuoto dentro.
Donne?
No, non è quello il problema.
O forse in parte, poiché ho un sacco di tempo per me e lo sto dedicando a nuove "storie".
No, non quelle storie.
Mi sto dedicando a leggere e guardare telefilm, che oggi si chiamano "serie tv". Qual è il problema quindi?
I personaggi. Sarò in un periodo più ricettivo o sarò più fragile ma sento i personaggi più vicini di quanto non vorrei.
Sento le loro emozioni ed i loro pensieri, come fossero miei. Mi sento con loro nei loro momenti belli ed in quelli tragici.
Mi sento affine agli aspetti di alcuni o ai caratteri di altri. Vedo le trame dipanarsi in modo chiara e lineare, per quanto intricata, prima che si manifesti.
E poi accade.
Muoiono?
A volte, sì.
Altre volte, semplicemente, finisce la storia.

Cosa succede ai personaggi, quando la storia finisce? Come prosegue la loro vita? La loro vita certamente prosegue, perché non può smettere di scorrere il tempo, solo perché nessuno ne registra gli eventi.
Però non ci sono più. Scompaiono.
Andandosene, mi lasciano un vuoto, perché ormai erano come piccole parti di me, che d'improvviso smettono di esistere.

Sciocco, non pensate?
Sciocco lasciare che la fantasia altrui influenzi così a fondo le emozioni.
Sciocco ma forse è perché trovo ristoro solo nella fantasia degli altri, ultimamente. Non nella mia, non nel mondo di Morfeo, che mi dona incubi sempre nuovi, abbastanza duri da impedirmi un riposo sano ma non a sufficienza da farmi apprezzare la realtà e, per fortuna, non cerco ristoro o conforto in una bottiglia, sebbene l'illusorio piacere sembri quasi reale.

So che son solo momenti.
So che è tutto nella mia testa.
So che passerà.

Nel frattempo, aspetto...
...e mentre aspetto, cerco di sognare attraverso gli occhi degli altri.

sabato 15 aprile 2017

Lo storpio

No, non me ne sono andato e no, non sono stato risucchiato al di fuori del tempo e dello spazio, anzi, ho un sacco di tempo ed il doppio dello spazio.
Perché non scrivo, quindi?
Beh, la verità è che non sono mai stato mancino e la mia mano destra si sente in diritto di prendersi una lunga vacanza.
Come dire?
Cavalcavo fra i venti della sera con meta la mia dimora. Per entrare nella corsia riservata al mio bianco destriero, era necessario aggredire un gradino nel modo quanto più perpendicolare possibile.
Ahimé, mio so sentito timido e l'ho praticamente affiancato. Per tutta risposta, tale gradino impertinente non mi ha lasciato salite, mi ha destabilizzato e, lungo il breve ma intenso volo che ne è seguito, ho deciso di rendergli pan per focaccia, aggredendolo a pugni.
Inutile dire che non si aspettava questa reazione: è rimasto di sasso.
Insomma, son caduto in bicicletta, finendo a "pugnata" (che è pur sempre meglio di pugnetta, diciamocelo) contro l'asfalto.
Questo capita sabato di un paio di settimane fa. Il 25, direi.
Domenica ho lavorato, pensando di aver preso una bella botta, dato che faceva male.
Lunedì ho avvisato il titolare del fatto che il dorso si stava un pochino gonffiando ed ero in leggera apprensione.
Giovedì, per scrupolo, vado a farmi vedere.
Entro al pronto soccorso di uno dei due ospedali cittadini e, dopo avermi preso le generalità ed i valori, mi dicono di andare all'altro ospedale, che l'ortopedia sta lì, oggi.
Salgo, mi visita l'ortopedico.
Storce la faccia, mi manda a fare i raggi.
Faccio i raggi, il radiologo mi guarda, guarda i raggi e mi fa "te lo dirà l'ortopedico ma...beh..."
L'ortopedico vede la lastra, annuisce.
Frattura del collo V metacarpale destro.
Preparano gesso e stecca, per tener fermo il mignolo, dicendomi che forse dovranno operare.
Gesso fissato, mi dicono di rifare i raggi.
Torno nella stanza e scopro che, mentre ero dall'ortopedico (20 minuti) hanno spostato radiologia. Segue ricerca della sala.
Nuovi raggi. L'ortopedico annuisce nuovamente. Mi farà sapere cosa ne pensano.
Al mattino seguente, mi chiamano e mi confermano: lunedì devo presentarmi per gli esami pre-operatori.
Lunedì vado e...niente...
Avendo cambiato il cognome da poco ed avendo appena ricevuto la nuova tessera sanitaria, nei loro database non esistevo, quindi niente esami e devo tornare l'indomani (questo è il riassunto di 5 ore di attesa a digiuno).
Martedì mi fanno gli esami necessari (evviva). Mi dicono di tornare mercoledì alle 6.45 a.m. per togliere il gesso ed operare.
Così faccio.
Entro, tolgono il gesso, fasciano.
Salgo in reparto, tolgono la fascia, mi depilano fino all'ascella, mi rifasciano (io perplesso: non mi operano solo la mano?).
Un ragazzo entrato con me viene portato in sala operatoria.
La sua operazione dura 5 ore.
Alle 14 (io ero sempre a digiuno e stavo iniziando ad imprecare dolcemente) mi portano in sala.
Segue flebo di antidolorifico.
Anestesie mirate ad addormentarmi mezza mano.
Segue tendaggio così che non li vedessi lavorare.
Insomma, sentivo mezza mano, due medici a tener ferma mano e braccio, un medico che "ravanava" nel mio dorso insansibile.
A posteriori, forse, mi sarebbe piaciuto guardare l'operazione ma forse mi sarei impressionato un pochino.
20 minuti ed è finita.
Mi riportano in stanza, mi fanno fare raggi e nuovo gesso. Alle 19.30, mi dimettoni e vado felice a casa.
Ora, tutto questo per dirvi che non vi scrivo perché, boia can, è difficile scrivere solo con una mano (soprattutto se non è la mano che si usa di solito).

Anche io pirla, ma almeno mi faccio un paio di mesi di vacanza e relax (e Pasqua in casa, così la vecchia è contenta...ma i colleghi meno XD ).

Spero tornerò presto ad avere due mani. Con una sola mi sento davvero uno storpio.
Qualcuno conosce una buona badante?
(Se non buona, almeno 'bbona).

domenica 2 aprile 2017

Alive

Come ogni volta che qualcosa si rompe nella mia vita, cerco di rimettere insieme i pezzi. Cerco di ricostruire, anche se manca sempre qualcosa che prima c'era ed appare qualcos'altro che prima non esisteva. Forme, colori, routine, pensieri.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma e qualcosa si perde per strada.
Cerco di ricostruire le mie mura, usando forme diverse, forse più solide. Entro nel mio bosco e lo vedo sempre diverso, sempre nuovo, come se ogni volta vi entrassi per la prima.
Ho fisicamente chiuso un cassetto, cui mi ero legato ed ho ripreso una parte di me stesso che avevo perduto. Sto riorganizzando lo spazio, come se farlo possa riordinare i miei pensieri e le mie emozioni.
Sono libero da una prigionia di cui non volevo fare a meno e devo reinserirmi nel mondo, cercando di capire dove sia arrivato mentre non guardavo.
Ho voglia di viaggiare.
Prendere un treno prima dell'alba e fare ritorno dopo il tramonto. Voglio riprendere a vivere la vita da dove l'avevo lasciata.
Voglio riscoprirmi nuovo e diverso, ritrovando ciò che di me conosco da una vita e plasmando ciò che non c'è mai stato e che ora c'è per necessità.
Sono sempre più cinico, sempre più razionale, sempre meno emotivo. Sempre più simile al cattivo delle storie e sdempre meno eroe delle stesse.
Non c'è nessuno da salvare. Non ci sono problemi da risolvere. Non c'è una scelta da compiere.
Ci sono io.
C'è la vita.
Ci sono le azioni e le reazioni.
Un tempo credevo esistesse un modo giusto di vivere ma sempre più capisco che il tempo scorre ugualmente. Si nasce e si muore alla stessa maniera.

Si va avanti.
E andiamo avanti.

C'è tanto lavoro da fare.